Nel circolo “Fascio & Famiglia” di Vigàta, i camerati festeggiano l’entrata in guerra dell’Italia. La celebrazione viene interrotta dall’arrivo di Michele Ragusano, un noto antifascista appena tornato dopo cinque anni di confino a Lipari. Durante un acceso confronto, Ragusano sussurra qualcosa all’orecchio del novantasettenne don Emanuele Persico, uno dei primi squadristi. Poco dopo, Persico muore improvvisamente, colpito da un infarto.
I camerati accusano Ragusano di omicidio preterintenzionale, e l’uomo viene condannato a quindici anni di reclusione nel carcere di Ventotene. Nel frattempo, il consiglio comunale di Vigàta decide di celebrare don Emanuele come martire fascista, organizzando funerali solenni, concedendo una pensione alla giovane vedova e intitolandogli una via con una targa commemorativa.
Tuttavia, emergono dettagli oscuri sul passato di don Emanuele, complicando la stesura della targa e dando il via a una serie di revisioni e compromessi che mettono in luce l’ipocrisia e l’opportunismo del regime e della società dell’epoca.
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