Divisi come la partitura di un concerto, i racconti de “La cenere dei fulmini” seguono quelli de “L’anniversario della neve”. Nell’Adagio è accudita la stupefazione di chi, giunto davanti alla propria fine, sta in bilico sull’orlo dell’ignoto, ma guardandosi indietro in cerca di soccorso non vede che i fantasmi della guerra di Troia germinati sui banchi di scuola. L’Andante è il filo di tenerezza che ingomitola un professore di matematica a una vedova, portinaia dello stabile dove abitano. Vanno insieme per fragili mete: la stazione ferroviaria, il giardino pubblico… Camminano vicini, senza mai sfiorarsi, ciascuno radicato nel cuore dell’altro, come erba tra i sassi. L’Allegro ma non troppo è la cattiva sorte trasformata in vis comica nell’esistenza di strambi personaggi: un manzoniano protofisico in balia della peste, un feudale signorotto che si schianta nel tentativo di volare, un violinista alla Chagall.
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