Mastro-don Gesualdo, pubblicato nel 1889, è il secondo grande romanzo del ciclo incompiuto dei Vinti di Giovanni Verga, dopo I Malavoglia. Ambientato nella Sicilia dell’Ottocento, racconta l’ascesa e la solitudine di Gesualdo Motta, muratore arricchito che cerca di elevarsi nella scala sociale, scontrandosi con l’orgoglio aristocratico e con l’ipocrisia della società del tempo.
Gesualdo, uomo ambizioso e lavoratore, riesce con fatica a costruire un’imponente fortuna economica. Tuttavia, nel tentativo di legittimarsi socialmente, sposa Bianca Trao, nobile decaduta. Il matrimonio, però, è privo d’amore e nasce più da interessi che da affetti: lei è innamorata di un altro uomo e lo disprezza, mentre lui cerca in quella unione un riconoscimento che non arriverà mai.
Nel corso del romanzo, Gesualdo si trova isolato sia dai nobili, che lo rifiutano come “intruso”, sia dal popolo, che lo guarda con sospetto e invidia. Nemmeno la figlia Isabella, cresciuta secondo i valori aristocratici, riesce a condividere il mondo del padre. Alla fine, ricco ma solo, Gesualdo muore in un letto d’ospedale, rifiutato da tutti.
Il titolo stesso è simbolico: “Mastro” rappresenta la sua origine umile, “Don” il tentativo di elevazione sociale — due identità in conflitto, che mai si riconciliano.
Con uno stile sobrio, crudo e impersonale, Verga offre un ritratto impietoso della lotta per l’ascesa sociale e della condizione umana in una società chiusa e spietata. Mastro-don Gesualdo è un romanzo sul fallimento dell’individuo nel tentativo di cambiare il proprio destino, e sulla solitudine che deriva dall’avidità e dalla mancanza di legami autentici.
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